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Imparare il Tedesco ,audio corso gratuito

corso di tedesco gratis
Perche' imparare il Tedesco ; Il Tedesco è la lingua più parlata in Europa
In Europa 100 milioni di persone parlano il Tedesco come madrelingua, moltissimi altri come seconda. In tutto il mondo 120 milioni parlano il tedesco. Oltre 20 milioni di persone intraprendono lo studio del Tedesco. Il tedesco dà opportunità di maggiore mobilità sia nel viaggio di istruzione, nell'impegno culturale, nello studio e lavoro, permette di stabilire rapporti diretti con i partner di lingua tedesca e di acquisire maggiore consapevolezza della propria cittadinanza europea. Parlare il Tedesco significa superare gli ostacoli, raggiungere i mercati interni ed oltre frontiera, trasmettere voglia di collaborazione, di fiducia e serietà. Continua a leggere 

Inizia ad imparare le basi del tedesco con il corso audio che vedi sotto ( Lasciate un commento su cosa ne pensate )
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Lavorare in Germania cosa occorre e dove rivolgersi

cosa occorre per lavorare in germania (documenti necessari)
Per un italiano che voglia andare in Germania non è necessario un permesso di lavoro, ma è sufficiente adempiere ad alcune incombenze burocratiche:

1) Anmeldung e A.I.R.E. Una volta giunti in Germania occorre recarsi al più vicino Burger Service, il corrispettivo tedesco del nostro ufficio circoscrizionale, e farsi consegnare l’Anmeldung, il certificato che attesta il nuovo domicilio. Chi ha intenzione di restare in Germania a tempo indeterminato  può iscriversi all’A.I.R.E. per comunicare il cambio di residenza ufficiale. Per dimostrare che si abita in Germania occorre portare con sé il contratto d’affitto.

2) Steueridintetifikationsnummer. Una volta regolarizzata la propria posizione, si ottiene il Steueridintetifikationsnummer, equivalente del nostro codice fiscale. Con questi documenti è già possibile essere regolarmente assunti. 

3) Previdenza e copertura sanitaria. Dopo avere ottenuto questi documenti il passo successivo prevede di mettersi in regola con la previdenza sociale e con la copertura sanitaria. Occorre recarsi in un ufficio fiscale (Finanzamt) con Anmeldung e Steueridintetifikationsnummer e compilare un modulo la cui compilazione definisce la fascia fiscale in cui occorre essere inseriti. Dopo pochi giorni si riceve, via posta, la tessera per la previdenza sociale e un codice di identificazione per ricevere i contributi tedeschi. 

Un percorso tutto sommato semplice in confronto ai labirintici e kafkiani iter di casa nostra. Ma non è soltanto la snellezza della burocrazia tedesca a invogliare a partire. Innanzitutto c’è un’economia sana, capace di premiare i giovani con retribuzioni e contratti coerenti con formazione, titoli di studio e background professionale, secondariamente un trend occupazionale in crescita che nell’ultimo trimestre del 2012 ha fatto registrare 35mila disoccupati in meno.
 
Last but not leastgli stipendi. Un chimico fresco di laurea assunto in un’azienda tedesca comincia con uno stipendio che arriva a 48mila euro lordi l’anno, stesso discorso per gli ingegneri qualificati che possono arrivare a guadagnare oltre 63mila euro annui. Nel settore dell’Information Technology si passa dai 67mila euro lordi annui di un project manager ai 110mila di un responsabile dello sviluppo. 

E le tasse? Fino a ottomila euro è prevista un’esenzione, inoltre, vi sono alcune deduzioni legate ai premi assicurativi, alle donazioni e alle spese sostenute per la formazione professionale e il mantenimento dei coniugi. Il sistema fiscale ha una particolare struttura a tre livelli: accanto alle tasse federali, ci sono quelle regionali e comunali. 

Per quanto riguarda le aziende: 1) le imprese che risiedono in Germania pagano le tasse sui redditi prodotti ovunque; 2) le imprese non residenti pagano le tasse solamente per i redditi prodotti in Germania. 

L’IVA (che ha attualmente un’aliquota al 19%) si applica su tutte le movimentazioni di merci e servizi, ma vi sono alcuni servizi, per esempio quelli finanziari e sanitari, che ne sono esenti. 
Fonte : Yahoo Finanza

Perche' cacciare la Germania dal Eurozona secondo il Prof.Chovanec

economia tedesca in europa
Su Foreign Policy il prof.  P. Chovanec, della Columbia University,  ribadisce che il problema dell’eurozona sono gli squilibri tra i paesi, non i debiti pubblici. In questo senso, la Germania è il paese più sbilanciato di tutti, e una sua uscita dall’euro sarebbe la soluzione migliore, come già da tempo ha chiarito il Manifesto di Solidarietà Europea.
Lo scorso anno, la Germania ha registrato un surplus commerciale record di 217 miliardi di euro, seconda solo alla Cina nel dominio globale delle esportazioni. Per alcuni, questo fa della Germania un faro luminoso in un’economia dell’eurozona altrimenti anemica — un “fattore di crescita,” come la definisce il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schäuble. In realtà, le croniche eccedenze commerciali tedesche sono al cuore dei problemi dell’Europa; anziché stimolare l’economia globale, la stanno trascinando a fondo. Il modo migliore per porre fine a questa situazione perversa è che la Germania lasci l’eurozona.
Di solito i tedeschi rispondono a tali accuse con una sorta di disorientamento risentito. Abbiamo eccedenze commerciali, spiegano pazientemente, semplicemente perché siamo molto più competitivi rispetto alla maggior parte dei nostri partner commerciali. Potete incolparci, chiedono, se il mondo preferisce acquistare le superiori merci tedesche (e non hanno nulla di desiderabile da darci in cambio)? Quindi il ragionamento è questo: il resto del mondo deve solo migliorare, fare i compiti a casa e diventare un po’ più simile alla Germania. Nel frattempo, non ci dovete odiare perché siamo bravi e belli…
Contrariamente a quanto sostiene la mitologia popolare, tuttavia, non c’è assolutamente alcuna ragione per cui l’essere “competitivi” costringa ad avere un avanzo commerciale.
Già nel 1817, l’economista David Ricardo spiegò che il miglior presupposto per il commercio è avere un vantaggio comparato, non assoluto. In altre parole, anche se un paese è più bravo a fare tutto, dovrebbe esportare ciò che sa fare meglio e importare quello in cui è meno competitivo. Avere un vantaggio generalizzato non implica che sia economicamente sensato produrre tutto in casa propria, e men che meno vendere più di quello che si desidera avere in cambio. O, per dirla in modo un po’ diverso, non esiste una ragione intrinseca per cui guadagnare di più non possa significare spendere di più, consumando beni pubblici e privati, nonché investire di più in  capacità produttiva futura.
Le eccedenze commerciali si hanno quando un paese sceglie di spendere meno di quanto produce — quando ha un eccesso di risparmio, che va oltre la sua necessità  di credito interno. L’eccesso di risparmio viene prestato all’estero, finanziando così la possibilità di un altro paese di spendere più di quanto produce e, con un deficit commerciale, acquistare la produzione eccedente del suo finanziatore. È vero che un paese altamente produttivo potrebbe avere le risorse per produrre un eccesso di risparmio, mentre un paese meno produttivo potrebbe essere incline a prendere in prestito anziché trovare i risparmi di cui ha bisogno. Ma fondamentalmente, gli squilibri commerciali nascono non da un vantaggio competitivo, ma da delle scelte su quanto risparmiare e su dove distribuire il risparmio — in patria o all’estero.
In alcune circostanze può avere senso riportare degli squilibri commerciali? Certo che sì. Nel XIX secolo, la rivoluzione industriale della Gran Bretagna le ha consentito di ottenere grandi profitti dall’aumento della produzione, parte dei quali sono stati investiti negli Stati Uniti. Questo denaro prestato all’economia americana in rapida crescita ha generato rendimenti superiori a quelli che avrebbe prodotto in patria, creando al contempo un mercato di sbocco per le merci britanniche. I potenziali guadagni di produttività hanno creato una situazione “win-win”: aveva senso per gli americani prendere in prestito e per i britannici concedere prestiti. Ma questo caso evidenzia anche una cosa che è facile dimenticare: avere un avanzo commerciale significa finanziare il deficit commerciale di qualcun altro.
La crisi dell’Eurozona è spesso definita una crisi di debito. Ma, in realtà, l’Europa nel suo complesso non ha avuto un problema di debito estero, ma un problema di debito interno: le eccedenze commerciali tedesche e il crescente debito nella periferia europea erano le due facce della stessa medaglia.
I tedeschi hanno risparmiato (molto), e la moneta unica li ha indotti — anziché a risparmiare di meno o a investire questi soldi in patria — a prestarli ai loro partner commerciali dell’eurozona, che li hanno usati per acquistare merci tedesche. Nel 2007, il surplus commerciale tedesco aveva raggiunto i 195 miliardi di euro, tre quinti del quale proveniva dall’eurozona. Berlino può anche chiamarla “parsimonia”, ma non si può dire che l’eccesso di risparmio della Germania, che spesso le sue banche avevano difficoltà a mettere a frutto, sia stato investito bene. Al contrario, esso ha dato ai tedeschi l’illusione della prosperità, scambiando lavoro reale (che si riflette nel PIL) con cambiali di carta che potrebbero non essere mai ripagate.
Qualcosa doveva cambiare, ma cosa? Normalmente, ogni paese avrebbe perseguito la propria politica monetaria, contando sugli aggiustamenti del cambio per spostare la localizzazione della domanda, da quei paesi che non possono permettersela a quelli che invece potrebbero. Con una moneta unica, però, questo aggiustamento non si è potuto verificare. Allora, i debitori europei sono stati costretti a ridurre drasticamente la domanda, attraverso una combinazione di austerità fiscale e rientro dal debito. I loro disavanzi commerciali con la Germania sono calati sensibilmente — ma a causa di minori importazioni, non di maggiori esportazioni. Tutti i cosiddetti PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) hanno visto crollare il loro commercio complessivo con la Germania — nel caso di Grecia e Irlanda, di più di un terzo. Così, il riequilibrio avvenuto in Europa, è avvenuto a scapito della crescita.
L’Eurozona è finita in trappola. I paesi europei avevano bisogno di muoversi in direzioni diverse, ma sotto una moneta unica si sono trovati costretti allo stesso passo. In Europa “vivere nei limiti dei propri mezzi” ha voluto dire una Germania che ha continuato a risparmiare più di quanto consumava, anziché sostenere la tanto necessaria domanda di beni. L’allentamento monetario — e un euro più debole — si limitano semplicemente a deviare gli squilibri interni dell’Europa verso l’esterno. Il surplus commerciale della Germania con gli Stati Uniti è esploso (aumentando del 49% tra il 2007 e il 2013) e i deficit nei confronti di Cina e Giappone sono collassati (riducendosi del 71% e del 78% rispettivamente). Nel frattempo, la bilancia commerciale della Germania con il Brasile e la Corea del Sud si è capovolta, da deficit a surplus.
A partire dal 2012, praticamente tutta la crescita del PIL dell’eurozona, su base annua, è arrivata dalle esportazioni nette — ulteriore conferma della debolezza della domanda interna europea come motore di crescita. È discutibile, tuttavia, se affidarsi all’accumulo di ulteriore debito da parte degli americani — e rischiare che essi vadano nella direzione della Grecia — sia in realtà una strategia affidabile. In linea di principio, ha più senso ridurre il deficit commerciale dell’Europa con la Cina. Ma in pratica, questo ha voluto dire non tanto intercettare il mercato cinese di consumo di massa quanto vendere macchinari e beni di lusso nel boom cinese degli investimenti alimentati dal credito, che in se stesso è rivolto al mantenimento dell’enorme avanzo commerciale verso gli Stati Uniti. La questione non è — come spesso viene presentata — cosa sia giusto – ma cosa sia sostenibile. E una situazione in cui gli americani interpretano il ruolo di “consumatori di ultima istanza” del mondo, continuando a prendere soldi in prestito e vivendo al di sopra dei propri mezzi, non è sostenibile.
Quindi che cosa si dovrebbe fare? La soluzione migliore – e la meno probabile — è che la Germania esca dall’euro e permetta al nuovo marco tedesco di rivalutarsi. In questo, l’esperienza degli Accordi di Plaza del 1985 dà qualche speranza. Mentre uno yen più forte ha raschiato appema la superficie del surplus commerciale strutturale del Giappone, il comportamento tedesco si è rivelato molto più sensibile agli incentivi derivanti da un marco più forte.
L’anno scorso, i politici tedeschi si sono dimostrati molto più disposti a provare ad aumentare la domanda innalzando il salario minimo, tagliando l’età pensionabile e aumentando le pensioni — mosse che potrebbero funzionare, ma rischiano di danneggiare la produttività, che in definitiva è all’origine della capacità di consumo della Germania . Perversamente, quegli stessi politici si rifiutano di tagliare le tasse o aumentare la spesa pubblica, cosa che nel 2014 ha portato la Germania a conseguire il suo primo bilancio federale in pareggio dal 1969, un anno prima del previsto. Per la maggior parte dei tedeschi, qualsiasi riferimento al fatto che questa disciplina fiscale dovrebbe essere allentata puzza di sregolatezza in stile greco, ma c’è un altro modo di vedere la questione. L’eccesso di risparmio è già lì; l’unica domanda è “dove” prestarlo. Un indebitamento sul mercato interno per guidare una vera ripresa europea potrebbe essere preferibile a buttarlo (ancora una volta) all’estero, in modo che gli altri comprino cose che in realtà non possono permettersi.
Con una popolazione che invecchia, forse è comprensibile che i tedeschi vogliano risparmiare. Ma non c’è alcuna ragione intrinseca per dirigere quel risparmio all’estero quando c’è una urgente necessità di distribuirlo in casa. La «crescita» guidata dalla Germania finanziando squilibri commerciali insostenibili — all’interno e all’esterno dell’eurozona — è un’illusione. È una crescita presa in prestito, solo per un po’. Per la Germania, e per il mondo, è un cattivo affare.

Stranieri sfruttati in Germania pagati la meta' dei tedeschi

Sfruttamento lavoro Germania Italiani schiavi
La Germania non è di certo il paradiso. Almeno per decine di giovani lavoratori spagnoli che in questi anni di crisi economica, armi e bagagli in mano, si sono trasferiti a Berlino. Infermieri trentenni che guadagnano la metà dei loro colleghi tedeschi con turni di 12 ore, lavoratori di aziende IT che guadagnano 300 euro per un full time e contratti abusivi sono solo alcuni degli esempi che i giovani iberici hanno dovuto affrontare. Almeno finora. A Berlino adesso è nato il Gas, Gruppo di Azione Sindacale, pensato per mettere in relazioni i lavoratori spagnoli con i sindacati tedeschi. Lo chiamano “ufficio precario”. “Vogliamo aiutare i ragazzi che vengono qui a cercare lavoro, spiegare loro come registrarsi al Comune, sbrigare le pratiche burocratiche, ma soprattutto fare azione sindacale”, dicono gli attivisti che in quattro mesi di vita hanno aiutato già decine di spagnoli arrabbiati.

Tra questi, in particolare, quelli di un’azienda sanitaria, la Gip, che, grazie al programma europeo Work & Travel Europe, ha assoldato infermieri di Madrid nei suoi centri di salute. “Siamo andati dal Gas perché non riuscivamo più a tollerare che a noi l’azienda ci pagasse 9,5 euro all’ora, mentre un collega tedesco può arrivare a guadagnarne 15. E se lasciamo il lavoro prima di un anno e mezzo dalla stipula del contratto, ci obbligano a pagare una multa che può arrivare agli oltre 6 mila euro”, racconta Natalia, che non vuole rivelare il cognome. Senza contare i turni di 12 ore di lavoro seguito, 7 giorni su 7, privi di riposo.

A Berlino è nato il "Gas", Gruppo di Azione Sindacale, pensato per tutelare i diritti dei lavoratori spagnoli tra contratti abusivi di ogni tipo, infermieri che guadagnano il 50% dei colleghi locali, lavoratori full time nel settore dell'IT che portano a casa 300 euro. Sfruttati anche ragazzi reclutati attraverso il programma europeo "Work & Travel Europe"

Gli attivisti assicurano che la reazione del sindacato tedesco Verdi, il secondo nel Paese, è stata positiva. Anche un deputato del Die Linke ha preso parte a una delle riunioni, mostrando il suo sostegno. Nei giorni scorsi un volantino firmato da Verdi, il Gruppo di Azione Sindacale e il movimento degli indignados di Berlino chiedeva all’azienda lo stesso salario per lo stesso lavoro e la stessa qualifica: insomma, niente contratti che obbligano a rimanere legati alla società, chiarimento del sistema di assegnazione dei posti di lavoro in varie città della Germania e soprattutto garanzia d’indennità per malattia e diritto alle pause durante la giornata di lavoro. Detta così, sembra di esser tornati indietro di decenni. Ma tant’è.

La società non ha risposto nulla, si è vista solo costretta, un paio di settimana fa, a sospendere il programma europeo di reclutamento all’estero. Oltre 100 infermieri spagnoli e greci avrebbero infatti aderito al programma, finanziato dalla comunità europea, per poi trovarsi in una condizione di sfruttamento lavorativo rispetto ai colleghi tedeschi, col loro stesso titolo. “L’azienda ha cancellato il programma accusandoci di aver protestato troppo”, confessa Natalia. Ma il problema per chi ha firmato il contratto è ancora lì, nero su bianco.

Questi infermieri – circa 30 – infatti non sono gli unici ad essere scesi sul piede di guerra. Sono già sei le aziende tedesche dove i lavoratori spagnoli hanno denunciato irregolarità alla Dgb, la Confederazione dei sindacati tedeschi, che sta organizzando un tavolo tecnico sulla questione a Berlino. Tanto più che il problema tocca da vicino anche i lavoratori tedeschi che molte volte si vedono rifiutati aumenti o migliorie sociali, con la scusa che ci sono sempre spagnoli, greci o portoghesi disposti a fare lo stesso lavoro per molto meno. Una situazione che, secondo gli attivisti del Gas, ha inasprito la tensione tra lavoratori locali e stranieri, generando alcuni casi di intolleranza, molto vicini alla xenofobia.
Fonte : @si_ragu Il fattoquotidiano

Ricerca di Infermieri/e in Germania

Si cercano in Germania, a Berlino, Amburgo, Schleswig-Holstein infermieri diplomati e/opersonale infermieristico laureato (diploma rilasciato dalle scuole specializzate riconosciute dallo Stato).
Chi li cerca è la più grande azienda tedesca attiva nel reparto emergenze/ambulanze su tutto il territorio nazionale, la quale offre contratto a tempo indeterminato e stipendio: 2.300 lordi + extra.
L’impiego prevede l’assistenza infermieristica a domicilio, assistenza ambulante e assistenza infermieristica in cliniche private e case di cura. Si offre un corso intensivo di lingua tedesca.
Requisiti richiesti per la candidatura:
– diploma o laurea nel settore infermieristico in Europa
– attualmente senza occupazione
– cittadinanza all’interno dell’Unione Europea

Per informazioni e candidature Dott.ssa Ana Iordache, tel. +39 – 3486049713, ianamaria8@gmail.com

Camere di commercio Italiane in Germania

CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA A FRANCOFORTE SUL MENO
Indirizzo: Friedrich-Ebert-Anlage 58 - D-60325 Francoforte sul Meno, Germania
Telefono: +49 69 97145210
Fax: +49 69 97145299
Sito web: www.itkam.org
E-mail: info@itkam.org
Orario di apertura: dal lunedì al venerdì, 9.00-18.00


CAMERA DI COMMERCIO ITALO-TEDESCA A MONACO DI BAVIERA
Indirizzo: Ottostraße, 1 - D-80333 Monaco di Baviera, Germania
Telefono: +49 89 96166170
Fax: +49 89 2904894
Sito web: www.italcam.de
E-mail: info@italcam.de
Orario di apertura: dal lunedì al giovedì, 9.00-12.30 e 13.30-17.30; venerdì 9.00-14.30


UFFICIO DELLA CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA A BERLINO
Indirizzo:Märkisches Ufer 28 - D-10179 Berlino, Germania
Telefono:+49 30 2431040
Fax:+49 30 24310411
E-mail: info@itkam.org


UFFICIO DELLA CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA A LIPSIA
Indirizzo:Goerdelerring 5 - D-04109 Lipsia, Germania
Telefono:+49 341 12671445
Fax:+49 341 12671446
E-mail: info@itkam.org




UFFICIO DELLA CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA A COLONIA
Indirizzo:Danteweg/Ecke Universitätsstraße - D-50931 Köln, Germania
Telefono:+49 221 96439677
Fax:+49 221 96439684
E-mail: info@itkam.org




UFFICIO DELLA CAMERA DI COMMERCIO ITALO-TEDESCA A STOCCARDA
Indirizzo:Lenzhalde, 69 D-70192, Stoccarda
Telefono:+49 711 2268042
Fax:+49 711 2268079

Cosa occorre per lavorare in Germania

I cittadini italiani che decidono di vivere un'esperienza lavorativa in Germania non hanno bisogno di un permesso di lavoro: vi sono però alcune pratiche burocratiche da espletare per poter essere regolarmente assunti. Il primo passo da compiere è quello di recarsi al più vicino BurgerService che può essere paragonato ad un nostro ufficio circoscrizionale. Qui la prima cosa da fare è ottenere il così detto Anmeldung, cioè la certificazione del vostro nuovo domicilio. Se si ha intenzione di restare in Germania a tempo indeterminato il consiglio che diamo è quello di iscriversi anche all'A.I.R.E per comunicare il vostro cambio di residenza ufficiale.

La cosa migliore è recarsi in questo ufficio muniti di qualche documento che attesti il vostro domicilio in Germania: può essere il contratto di affitto per esempio. Con questa operazione si ottiene subito il Bestatigung, cioè il documento ufficiale che attesta il vostro domicilio. Siccome la burocrazia tedesca è fatta per rendere facile la vita dei cittadini, senza inutili e frustranti perdite di tempo, presso lo stesso ufficio viene rilasciato l'equivalente del nostro codice fiscale che in Germania si chiama Steueridintetifikationsnummer. Con questo la strada per essere regolarmente assunti è spianata. Come vedete non si tratta di un vero e proprio permesso di lavoro ma, semplicemente, di una rapida trafila per poter lavorare regolarmente sul suolo tedesco.

I passi successivi sono quelli relativi all'espletamento delle pratiche per mettersi in regola con la previdenza sociale e con la copertura sanitaria. Succede che in queste trafile possiate essere affiancati dal vostro nuovo datore di lavoro: in ogni caso sono operazioni che, una volta capito come muoversi, non portano via più di un paio d'ore. Per prima cosa ci si reca ad un Finanzamt, sorta di ufficio fiscale, per ottenere una documentazione rilasciata dopo aver presentato sia l'Anmeldung, sia il Idintetifikationsnummer appena ottenuti. Basta compilare un modulo che, attraverso alcune domande stabilisce in quale fascia fiscale inserirvi. Fatto ciò si riceve per posta, nel giro di pochissimi giorni, la tessera per la previdenza e un codice di identificazione per ricevere i contributi tedeschi.

Importante dire che, a seconda del tipo di lavoro che si andrà a svolgere, potrebbe non essere necessaria l'iscrizione alla Krankenkasse per la previdenza sociale. Questa esenzione riguarda, per esempio, quei lavori che non raggiungono una certa retribuzione mensile. Per tutti gli altri è un obbligo. L'iscrizione alla Krankenkasse è praticamente immediata e consente di ricevere una tessera che consente al lavoratore di godere dell'assistenza sanitaria per tutto il periodo di lavoro. Una volta ottenuti questi documenti basterà aprire un conto in banca per avere accreditato lo stipendio e il gioco è fatto.

Fonte : Lavoro in Germania

Ora l’Eurosoviet proibisce i limiti d’età negli annunci di lavoro

Parafrasando Brecht potremmo dire che c’è un buon giudice a Berlino, ma forse non a Lussemburgo. Parliamo della sede del Consiglio di giustizia dell’Unione europea che ha stabilito una (nuova) norma contro la libertà d’impresa.

Dopo l’ormai arcinota regola sui fagiolini e quella sui gabinetti, ora siamo passati a regolamentare pure gli annunci di lavoro privati. “Porre limiti anagrafici alle ricerche di lavoro è illegale” hanno sentenziato. Ed ecco che, a seguito della nuova norma, rischiamo di non poter più vedere annunci del tipo “cercasi centralinista, massimo di 30 anni. Cercasi coordinatrice di segreteria tra 38 e 45 anni. Cercasi autista massimo di 50-55 anni”. E pure quei furbetti di Abercrombie dovranno rassegnarsi a dare una possibilità a sessantenni flaccidi cui, causa Fornero, manca qualche mese prima di andare in pensione.

Vi pare assurdo? Lo è ma considerate che, in teoria, la proibizione che abbiamo accennato è già legge. La materia è infatti stabilita in Italia dal decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, che recepisce una Direttiva europea del 1978. Direttiva rimasta finora lettera morta che ora le toghe europee hanno intenzione di resuscitare all’insegna del politically correct che fa a pugni con la libertà di impresa.

maniNoi de L’Intraprendente pensiamo che un datore di lavoro, quando sceglie un dipendente, debba avere la possibilità di farlo a ragion veduta, considerando tutti i pro e contro del caso. Lo stesso avvocato Taormina, pur avendo espresso frasi a nostro avviso non condivisibili sugli omosessuali, doveva avere il pieno diritto di non assumere un gay nel suo ufficio se la cosa non gli garbava. Così come i cinesi hanno il diritto di assumere solo connazionali dagli occhi a mandorla. A maggior ragione il limite d’età assume anche un valore oggettivo: ci sono lavori per cui una persona più matura risulta inadatta, e viceversa. Al di là del simpatico caso Abercrombie, affidereste mai un lavoro pesante a un sessantenne con la sciatica o l’ernia del disco? Oppure lascereste un incarico delicato a un giovane di prima esperienza?

No. E probabilmente non lo farete neppure in futuro: convocherete tutti, come la legge impone, e poi sceglierete il lavoratore della fascia d’età che più vi aggrada. Col rischio però (a parte il tempo perso per il colloquio) di dovervi sorbire querele per discriminazione sulla base dell’età. Magari di fronte a quei giudici che credono di poter irrigimentare qualsiasi attività con le loro leggi. Summum ius, summa iniuria dicevano i latini.

Fonte : Intraprendente

Germania e Spagna, disoccupazione in calo. Berlino: tasso più basso d’Europa

Germania e Spagna chiudono il 2014 con dati incoraggianti riguardo alla disoccupazione. Se Berlino conferma, come si legge in un rapporto pubblicato da Destatis, l’aumento del numero degli occupati e l’ennesimo calo dei disoccupati, anche la Spagna, come rivelano i dati diffusi dagli Uffici del servizio pubblico di impiego, ha diminuito la disoccupazione nel Paese, con numeri record che non si registravano dal 1998: -5,39% rispetto al 2013 (253.627 persone senza lavoro in meno).

Germania, occupazione record. Per l’ottavo anno consecutivo, la Germania stabilisce un record, con i dati sull’occupazione che parlano di una media di 42,6 milioni di persone occupate nel 2014, lo 0,9% (372mila) in più rispetto all’anno precedente. In diminuzione anche il numero dei disoccupati: 77mila persone in meno (3,5%) rispetto all’anno precedente, per una stima complessiva di 2,1 milioni di persone senza lavoro. I numeri con i quali il paese della cancelliera Angela Merkel ha chiuso il 2014 hanno fatto registrare non solo un nuovo record per la Germania, ma anche nell’area Euro, portando il tasso di disoccupazione al 4,7%, contro il 4,9% dell’anno precedente, il più basso tra gli stati dell’Unione Europea.

Madrid, maggiore calo della disoccupazione dal 1998. La Spagna ha chiuso il 2014 con 253.527 disoccupati in meno. I dati parlano di un calo record che non si registrava dal 1998: -5,39% di persone senza lavoro, per un numero totale di disoccupati che scende, così, a 4,44 milioni. Il mese di dicembre è stato quello in cui il numero dei senza lavoro è calato maggiormente, con 64.405 persone che hanno trovato un’occupazione rispetto al mese precedente. Una diminuzione, quella dell’ultimo mese del 2014, che è la seconda più consistente da quando sono iniziati i rilevamenti. Un calo del numero dei disoccupati si era registrato anche a fine 2013, quando i senza lavoro diminuirono di 147mila persone, interrompendo un trend in positivo che andava avanti dal 2007.

Fonte Il Fatto Quotidiano